Quando non si è capito il giuoco

Dopo le elezioni del 2013, quelle della “non-vittoria” di Bersani per molte settimane l’allora segretario PD provocò il M5S, arrivato secondo grazie a/per colpa della manciata di voti presi dai vendoliani di SEL, chiedendo un appoggio – rigorosamente esterno – ad un “governo del cambiamento”. Il Movimento 5 Stelle rifiutò. Per cinque anni vari analisti e commentatori hanno criticato aspramente il gran rifiuto dei pentastellati attribuendo a tale scelta il successivo patto con Berlusconi per la rielezione di Napolitano al Quirinale nonché l’avvio del governo Letta, fino addirittura all’avvento del renzismo. Tutta colpa dei 5 stelle.
Col senno di poi penso che quella scelta da parte del Movimento fu molto saggia. I 5 stelle nel 2013 erano oggettivamente impreparati a governare, sostanzialmente degli esordienti assoluti in un mondo e in un agone politico che dovevano ancora scoprire quasi completamente. Quel rifiuto, unito ad altre scelte che in un primo momento apparvero naif, se non proprio assurde (il boicottaggio dei talk-show, ad esempio), sono state una mossa intelligente e lungimirante. Beppe Grillo svolse in quei primi mesi un poco invidiabile ruolo di parafulmine facendo da catalizzatore a tutte le critiche, giuste o ingiuste che fossero, nei confronti del Movimento. In quegli stessi mesi i nuovi parlamentari, liberi dall’assillo delle tv e tutelati dalla loro stessa inesistente notorietà potevano “farsi le ossa” e studiare. In quei mesi nasceva una nuova classe dirigente che magari non sarà ricca di tanti nuovi De Gasperi o nuovi Nenni, ma che nel panorama politico attuale può sicuramente distinguersi e sicuramente rappresentare una sostanziale novità.
I 5 stelle al Governo in quel momento non avrebbero inciso in nessun modo e si sarebbero autodistrutti in un “gioco” di cui non conoscevano regole e astuzie, un gioco peraltro incompatibile con quanto affermato durante gli anni di opposizione extraparlamentare e nella straordinaria campagna elettorale dello Tsunami Tour.
I tentativi di Bersani dunque andarono a vuoto (sempre che fosse veramente intenzionato a chiedere l’appoggio del M5S), vi fu anche un indimenticabile dialogo tra sordi in streaming in cui l’allora capogruppo alla Camera dei 5 Stelle Roberta Lombardi sbertucciò forse con eccessiva durezza lo stesso Bersani. Alla fine Bersani, com’era prevedibile, scelse una alleanza con quel famigerato “Giaguaro” che voleva smacchiare fino a poco tempo prima.

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Oggi la storia si ripete, ma a ruoli invertiti. Il Movimento 5 Stelle ha acquisito in questi 5 anni le conoscenze/competenze per stare in un Governo, imparando anche qualche malizia che nel 2013 i loro primissimi parlamentari non avrebbero saputo nemmeno immaginare. Il PD paradossalmente, dopo aver governato per 5 anni con chiunque, sembra oggi chiuso e – per citare l’Enrico Letta del 2013 – congelato. I voti del PD non sono in frigo come quelli del M5S nel 2013, sono dentro un liofilizzatore nella prima fase di lavorazione (quella in cui la temperatura può andare anche oltre 50° sotto zero).
Il reggente Martina, che ha l’ingrato compito di fare da portavoce al segretario dimissionario-non-dimissionario Renzi, annuncia che i 5 stelle non vuole nemmeno incontrarli. Guai! Dal 2013 ad oggi, con Berlusconi e gli altri hanno fatto governi, patti del Nazareno, eletto e rieletto presidenti della Repubblica, provato – fortunatamente senza successo – a stravolgere la Costituzione. Coi 5 stelle neanche un caffè, eccheccazzo! Così imparano questi guitti che 5 anni fa non ci hanno fatto governare (che poi alla fine hanno governato lo stesso, ma vaglielo a spiegare).

Il rifiuto del 2013 da parte dei 5 Stelle aveva le sue motivazioni, anche tattiche oltre che politiche, questo va detto. Il rifiuto del PD (sia chiaro, se il PD continuerà su questa strada io sarò la persona più felice del Mondo) oggi sembra più una ripicca che una vera strategia politica. Tutto legittimo, per carità, ma un po’ triste. A meno che – s’intende – alle viste non ci sia un nuovo accordo (o magari sempre lo stesso di prima) con Forza Italia e la vera partita sottotraccia sia quella di convincere Salvini a entrare nel Club del Nazareno. Staremo a vedere.

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