Aldo Rossi a Città di Castello
Prologo
Aldo Rossi rappresenta, nella concezione di città, la “risposta” alla concezione di Le Corbusier. La città è in Rossi “la somma di tutte le epoche, di tutti gli stili architettonici fino ad allora presenti”. Nel 1990 Rossi presenta tre progetti per Città di Castello, popoloso comune dell’alta Umbria. Alla fine solo uno dei tre verrà realizzato.
Pochi anni prima l’intervento di Rossi aveva dato nuova vita a un’importante area di Perugia, là dove un tempo sorgeva il grande stabilimento della Perugina. Vedremo che le analogie tra l’intervento perugino e quello tifernate saranno molteplici e interessanti. Vedremo infine cosa è diventato oggi il progetto di Rossi e cercheremo di capire se l’intento dell’architetto sia stato raggiunto o meno.
1. ALDO ROSSI
Il lavoro di Aldo Rossi rappresenta un superamento delle metodologie del Movimento Moderno, appartenendo inizialmente alla corrente architettonica del Neoliberty, prima reazione al razionalismo con richiami più o meno espliciti all’Art Nouveau. Successivamente è approdato, al Post-Modern nel variato panorama Italiano di questo movimento, che in lui ha assunto una rigorosità esemplare, che taluni hanno definito Neo-Novecento.
Rossi fu uno dei più grande rinnovatori ideologici e plastici dell’architettura contemporanea, con la sua poesia metafisica ed il culto che professó nella stessa misura verso la geometría e la memoria.
Egli sceglie di non rompere con la tradizione né di imitarla ma di reinterpretarne il linguaggio, come già fece in un certo senso in epoca passata Michelangelo. Rossi usa in maniera del tutto originale e “colta” elementi che sono le basi dell’architettura classica, con un gusto dell’accostamento ardito degno di un novello Giulio Romano, senza mai violare l’equilibrio nella composizione né alterare le condizioni funzionali del costruito.
La costruzione diventa “frutto dell’esistente” scegliendo di dialogare con le altre parti della città e con la storia, che egli stesso definisce ”memoria urbana”. L’edificio di Rossi non è mai avulso dal contesto cittadino, ma riesce nonostante ciò, pur senza le alchimie degli “architetti bloboidali”, a far risaltare con grande evidenza la sua firma.
Tale scelta è ben evidente anche a Perugia, dove Rossi ha riorganizzato l’area dell’ex stabilimento Perugina di Fontivegge. Senza rinunciare addirittura a testimonianze dirette (la vecchia ciminiera, lasciata al suo posto) egli ha ricostruito un luogo di incontro, che si sviluppa intorno alla Piazza del Bacio, con innumerevoli citazioni classicheggianti, ma completamente rielaborate dal genio dell’architetto milanese.
2. I tre progetti per Città di Castello
2.1 I progetti originali
L’intervento di Aldo Rossi a Città di Castello si compone di tre progetti tra loro integrati:
– Il Palazzo Comunale
– Il giardino e la residenza
– I negozi e il centro commerciale
Lo stesso Rossi afferma che “queste parti non sono modelli astratti, ma nascono dalla logica e dalla storia della città. A dominare è volutamente il colore della sabbia, della terra dorata tipica di queste terre. Emerge poi il tranquillo corso d’acqua che attraversa il giardino fino a formare un piccolo laghetto. Il giardino stesso è visto come luogo di incontro posto nel centro dell’abitato e vicino alle case.” Il giardino è, esso stesso, “costruzione civile”.
La connessione con il centro storico cittadino è esplicita e rafforzata dall’idea di un collegamento alberato diretto tra il nuovo Municipio e l’area di Palazzo Vitelli alla Cannoniera, da tempo destinata al ruolo di nodo di scambio principale per i trasporti pubblici cittadini.
Il messaggio di Rossi è orientato chiaramente verso una nuova vita per l’area e per l’intera Città, a patto ovviamente che tale messaggio venga completamente recepito. Vedremo più avanti come l’attuazione solo parziale dei progetti di Rossi abbiano prodotto un risultato diverso da quello legittimamente atteso.
Rossi affermava inoltre: “E’ certo che vincoli, cambiamenti, lo stesso progetto tecnico non permettono di ripetere i tipi della città antica, e sarebbe velleitario; ma nel nostro progetto abbiamo cercato una continuità tra certi usi, certe funzioni e certe forme. Città di Castello potrebbe diventare, con questi esempi, un punto di riferimento. Certamente diventerà l’esempio di una ricerca che vale per le molte città d’Italia e del mondo; la ricerca del vero nell’architettura e in ciò che la circonda.”
Certamente l’esempio della ricerca metodica di una coerenza storica del nuovo costruito resterà, sebbene non se ne possano tuttora vedere compiutamente gli esiti.
Come vedremo a breve dei tre progetti solo quello relativo all’area commerciale troverà una sua attuazione soddisfacente.
Aldo Rossi presenta al Comune di Città di Castello i suoi progetti nell’agosto del 1990. Ad essi seguiranno alcuni elaborati di “aggiornamento” nel maggio 1991. L’area del progetto, anzi, dei progetti è stata da poco classificata nel nuovo PRG come nuova area residenziale per una previsione di cubatura edificabile di quasi 23.000mc.
L’area è di proprietà in parte del Comune stesso, in parte della cooperativa ED.AR.CO. (Edilizia Artigianale Consorziata).
Come già detto, l’intervento si compone di tre progetti relativi sia a nuove edificazioni e/o ristrutturazioni sia alla riorganizzazione di una grande area verde posizionata nel cuore dell’area di intervento quale autentico parco urbano a servizio della nuova centralità residenziale e direzionale. Tutti i fronti principali degli edifici sono rivolti verso il parco urbano ed aperti verso quest’ultimo con logge e terrazze.
Le aree di proprietà per l’insediamento residenziale sono complessivamente di 6.865mq e delimitano su due lati il parco, che copre una superficie di 7.306,70mq.
Il parco è attraversato dal torrente Scatorbia per il quale Rossi ipotizzò una deviazione con un nuovo corso a cielo aperto da realizzarsi in conformità con le prescrizioni dei piani di bonifica degli affluenti del Tevere in discussione e approvazione appunto nei primi anni ’90.
Nella fascia tra la ferrovia e il parco Aldo Rossi prevedeva la realizzazione 6 palazzine di quattro piani fuori terra per una cubatura di 13.112,55mc.
Lungo la direttrice di via Martiri della Libertà era inoltre prevista un’ulteriore stecca residenziale di pari altezza per complessivi 6.438,96mc posta a confine del lotto e del parco. Nello stesso lotto era altresì prevista una casa a torre di 5 piani per una cubatura di 3.415,20mc.
Nella previsione iniziale Rossi aveva calcolato complessivamente la realizzazione di 61 alloggi e di parcheggi interrati in tutte e tre le parti assegnate a destinazione residenziale. L’area totale dei parcheggi interrati era di 3.687,87mq.
Come vedremo le premesse progettuali, nonché il loro ordine di grandezza e proporzione, non verranno affatto rispettate in fase di attuazione.
2.2 L’area ex SO.GE.MA.
L’area oggetto dei progetti di Aldo Rossi ospitava fino alla fine degli anni ’80 lo stabilimento SO.GE.MA., importante fabbrica locale per la realizzazione di attrezzi agricoli. L’industria venne in seguito assorbita dal gruppo Nardi, società dello stesso settore della vicina San Giustino. L’area, al momento dell’intervento di Rossi, si presentava oggettivamente caotica e in lenta decadenza. Accanto alle ormai inutilizzate strutture industriali sorgeva (e sorge tuttora, in condizioni sempre più precarie) il Consorzio Agrario, inaugurato nel 1937.
Già da queste immagini che Aldo Rossi allegò alla sua Relazione Tecnica si potrà notare, ad esempio, come Via Luca della Robbia si arrestasse all’ingresso dello stabilimento SO.GE.MA. anziché ricollegarsi a via Martiri della Libertà come oggi.
Osserviamo altresì un enorme spazio triangolare sostanzialmente sgombro.
Guardando questa immagine con un pensiero alla corsa alla cementificazione degli ultimi lustri emerge ancor più il profondo rispetto di Rossi per il contesto, avulso dalla smania di costruire più possibile.
2.3 Il Consorzio Agrario
Gli edifici che un tempo ospitavano il granaio cittadino si stanno lentamente abbandonando a un declino inarrestabile. Alcuni ambienti sembrano tuttora utilizzati, sebbene con destinazioni ben diverse: rimessaggio attrezzature in particolare.
La struttura architettonica e ciò che resta di vecchie iscrizioni testimoniano le origini di tale edificio e ne raccontano la storia. Sulla parete laterale (foto sopra a destra) si può ancora intravedere ciò che resta di un fascio littorio probabilmente rimosso al termine della Seconda Guerra Mondiale, accompagnato dal numero romano XV. E’ dunque chiaro il riferimento all’inaugurazione della struttura nel 15° anno dell’era fascista (il 1937 appunto).
All’estremità del complesso del Consorzio Agrario sorge oggi un Centro Direzionale sorto sulle vestigia dell’antica casa editrice Scipione Lapi. Gli edifici rispettano pienamente le antiche forme dello stabilimento tipografico, uno dei più importanti e certamente il più famoso del polo cartotecnico tifernate.
L’originario progetto di Aldo Rossi meriterebbe pertanto di essere quanto meno ripreso in considerazione. E’ infatti molto evidente la profonda discontinuità urbana tra l’area attualmente occupata dal Centro Commerciale “Le Fonti” (di cui parleremo a breve) e l’ex area della Scipione Lapi.
3. Disegni e progetti realizzati a confronto
3.1 L’area commerciale
Come detto, quello dell’area commerciale è l’unico dei tre progetti ad aver avuto una seppur sommaria realizzazione. Vedremo ora, avvalendoci dei disegni originali presentati da Aldo Rossi e dai suoi collaboratori (gli architetti Claudio Dente e Daniele Nava) nel 1990/91 nonché di una documentazione fotografica dello stato attuale delle opere, come anche questa parte dell’intervento abbia subito notevoli modificazioni e correzioni.
La prima notevole deviazione dall’idea originaria di Rossi è nella scelta dei materiali. Si può leggere infatti nella Relazione Tecnica che “i materiali previsti per le finiture esterne sono: intonaco preferibilmente di colore giallo, pietra per la zoccolatura degli edifici e cotto per le pavimentazioni esterne, balaustre e cornicioni”.
Vediamo che in realtà l’intonaco presenta un colore rosa e la pietra è stata sostituita in larga parte dal tufo.
La composizione dell’area commerciale nell’idea originale di Aldo Rossi seguiva uno schema di grande semplicità riconducibile a due grandi aree quadrate (l’area commerciale circondata dalle residenze e la terrazza) separate dalla stecca trasversale degli uffici. Tale composizione verrà sostanzialmente rispettata nella successiva elaborazione del progetto.
La stecca degli uffici è stata sostanzialmente realizzata secondo il disegno originale, con un’unica variante legata all’uso degli infissi. Uno degli elementi tipici di molti edifici di Rossi è infatti legato all’uso delle quadrotte, finestre quadrate con telaio a croce, sostituite con infissi tradizionali e “arricchite” con persiane in legno.
Anche nella realizzazione della fontana il disegno originario è stato stravolto, eliminando forse uno degli elementi più peculiari della poetica formale dell’architetto milanese. La fontana triangolare compare per la prima volta nel progetto realizzato per la piazza del municipio di Segrate (VA), poi verrà ripetuta in numerose opere di Rossi, come ad esempio nella fontana della scuola media di Broni (PV).
Qui sotto vediamo nell’ordine il disegno di Aldo Rossi per la fontana di Città di Castello e la fontana poi effettivamente realizzata nell’area commerciale tifernate.
Appare del tutto evidente che stiamo leggendo due linguaggi architettonici estremamente diversi e sostanzialmente senza alcun legame tra loro.
Il progetto risulta del tutto stravolto anche nello spazio esterno dell’area che abbiamo definito “terrazza”. Se in origine infatti erano previsti 8 spazi coronati con coperture curve (forse un tributo ideale alla precedente installazione industriale) in mattoni, semplicemente separati tra loro dai discendenti e con semplici aperture rotonde, non necessariamente finestrate, vediamo che l’esito finale è del tutto diverso.
Gli spazi sono diventati 7, mentre è stato inserito un ulteriore blocco rivestito in mattoni con una zoccolatura inclinata anch’essa in mattoni. Esso separa tale zona da quella della scalinata e della fontana. L’apertura curva prevista in precedenza è stata sostituita da una più semplice apertura rettangolare probabilmente per agevolare le manovre degli automezzi che devono operare in quest’area (usata oggi come magazzino).
L’area degli originari 8 spazi curvi è oggi risolta, come detto, in soli sette spazi separati da colonne in tufo sormontate da palle in pietra. Gli spazi hanno coronamento rettilineo e hanno tutti una finestratura rettangolare tradizionale. Il rivestimento è realizzato con intonaco rosa in alto e mattoni in basso. I due diversi rivestimenti sono separati da una fila orizzontale di mattoni disposti a taglio leggermente aggettante.
Il prospetto della palazzina degli uffici sul lato di via Giacomo Leopardi prevedeva in origine solo una piccola apertura rotonda nella parte bassa. Oggi vediamo come essa sia invece sia descritta da quattro fila di due finestre quadrate con infisso tradizionale e persiana. Sopra la prima fila partendo dal basso viene altresì riproposto il tema della cornice in mattoni del coronamento, anch’esso assente nella redazione originaria del progetto.
Anche il prospetto lungo via Giacomo Leopardi risulta notevolmente “elaborato” rispetto al disegno iniziale. In questo caso tuttavia gli elementi fondamentali del progetto vengono rispettati, sebbene vengano composti in altra maniera. Le “torri” previste originariamente vengono salvate, ma dividono e ritmano lo spazio della facciata laterale in altro modo.
L’originale alternanza tra spazi finestrati aperti su facciata intonacata e torri cambia il suo iniziale ritmo 3-1-4-2-2 in 3-1-2-1-2-1-2, si passa dunque a una scansione più regolare dei dodici spazi finestrati.
Altro elemento caratterizzante è il corpo interamente rivestito in mattoni. Esso, previsto in origine di altezza notevolmente inferiore al resto dell’edificio è stato poi innalzato al medesimo livello dei corpi adiacenti.
Per l’interno del Centro Commerciale Aldo Rossi aveva previsto una elegante struttura metallica a 5 campate con quella centrale coperta a botte e le altre a doppio spiovente. Su di esse spiccavano due grandi torri per i collegamenti verticali automatici. Rossi sceglieva dunque una composizione strettamente simmetrica e individuava persino una “quadretta” fuori scala nello spazio delimitato dalle torri e dalla campata centrale.
La struttura avrebbe dovuto occupare sostanzialmente circa metà della piazzetta interna al Centro Commerciale e avrebbe beneficiato di una notevole illuminazione dall’alto, di certo arricchita dalla varietà delle coperture vetrate della struttura metallica.
Nulla di ciò tuttavia ha visto effettivamente la luce. E’ rimasta l’idea della struttura metallica, ma declinata in tutto un altro modo. Sostanzialmente la struttura si presenta come un grande cubo vetrato affettato a metà. Scomparse le cinque campate, troviamo un ambiente unico con copertura piana. Le due torri degli ascensori sono scomparse, ad emergere sono soltanto tre camini per lo scarico dei fumi…
L’unico dei due ascensori realizzato, quello di sinistra rispetto all’ingresso, è completamente inglobato nel “cubo” vetrato ed è praticamente invisibile dall’esterno.
3.2 L’area verde
Tale area doveva essere nelle intenzioni di Aldo Rossi un autentico polmone verde della città, a servizio principalmente tuttavia degli abitanti dell’area d’intervento dei sui progetti. Rossi aveva a tal fine previsto uno spazio molto semplice, ricco di alberature, con un unico spazio pavimentato centrale su cui sorgeva una piccola struttura in legno verniciato destinata a chiosco per i gelati. L’elemento più complesso dell’intervento era certamente legato alla deviazione del torrente Scatorbia che attraversava appunto il lotto. Rossi decise pertanto non di incubarne il corso, ma di deviarlo leggermente realizzando un’elegante “letto” in pietra naturale entro cui il torrente avrebbe continuato a scorrere pienamente visibile a tutti.
In una pubblicazione2 si legge anche di un laghetto ideato da Rossi contestualmente a tale deviazione, tuttavia non si trova traccia di esso in nessun elaborato grafico né nella Relazione Tecnica. Potrebbe trattarsi dunque di un’idea iniziale poi accantonata.
Ai limiti esterni del parco dovevano sorgere delle abitazioni, sia sul lato della ferrovia che su quello di via Martiri della Libertà. Vedremo più avanti se e come esse verranno realizzate. Ciò che ci interessa maggiormente in questo paragrafo è tuttavia verificare alcuni dettagli molto peculiari del progetto.
Rossi certamente non considerò tale intervento, ancorché privo di edificazioni complesse, come parte secondaria dell’intervento. Possiamo infatti notare la grande cura degli elaborati di progetto relativi alla sistemazione di quest’area e l’alto livello di dettaglio persino degli elementi di arredo.
Difficile non pensare inoltre che Rossi non abbia voluto ironicamente pensare ad una citazione del suo celebre Teatro del Mondo nella progettazione del chiosco dei gelati, anch’esso in legno e con il tetto in ferro verniciato, magari di quel celeste che ha reso inconfondibili molti progetti dell’architetto milanese.
Guardare oggi l’area, ancor più dopo aver esaminato i disegni di Rossi, intristisce l’animo di ognuno. Nulla infatti di ciò che era stato ipotizzato ha trovato un suo riscontro.
Circa metà dell’area è infatti attualmente occupata da un parcheggio, concepito come addizione al parcheggio sotterraneo del centro commerciale ritenuto sottodimensionato. Sul tetto del parcheggio sono state poste alcune strutture sportive tuttavia mai utilizzate ed avviate a un inesorabile deperimento.
Il resto dell’area è stato sistemato secondo un disegno del tutto diverso da quello originario e accoglie alcuni giochi per bambini oltre a una piccola pista per il pattinaggio in cemento.
Ci sono alcune panchine, unici luoghi di sosta e ristoro, niente a che vedere con il chiosco previsto in origine.
3.3 L’area residenziale
Aldo Rossi aveva previsto il prolungamento di via Ippolito Salviani creando dunque una viabilità che costeggiasse la ferrovia egli poteva garantire una efficiente sistemazione per sei palazzine che avrebbero avuto un affaccio sul parco urbano. Esternamente avremmo dovuto vedere sei palazzine identiche, mentre internamente esse avuto tre diverse sistemazioni, avremmo avuto insomma dal punto di vista della sistemazione interna tre coppie di palazzine. Il progetto si configura pertanto anche in un interessante “esercizio” di bravura di Rossi, capace di individuare stupefacenti variazioni su un tema comune iniziale.
Sia l’affaccio sul parco che quello sulla ferrovia presentano elementi di grande eleganza stilistica e al tempo stesso di semplicità formale secondo i canoni consolidati della poetica di Rossi. La scala a tenaglia negli affacci verso la ferrovia ricorda alcuni palazzi del Cinquecento romano, le balaustre sono segno non solo di eleganza, ma anche di grande potenza visionaria da parte di Rossi. Sono infatti curiosamente identiche a quelle di un palazzo non lontano dall’area di intervento dell’architetto, attualmente costeggiato da altre edificazioni di scarso valore. Nell’ipotesi di Rossi era tuttavia prevista anche una nuova viabilità che avrebbe dovuto collegare la nuova sede municipale con l’area di Palazzo Vitelli e, in questa ipotesi, quell’edificio (attuale sede dell’Archivio della stampa tifernate “Scipione Lapi”) avrebbe potuto far “leggere” chiaramente i suoi eleganti tratti architettonici neoclassici, a partire dalle balaustre.
Le palazzine dovevano essere collegate tra loro da piazzette sorrette ciascuna da quattro massicce colonne a pianta circolare. Era inoltre prevista una grande area comune interrata per i garages cui si accedeva e da cui si usciva attraverso due rampe poste alle estremità della fascia edificata, in diretto collegamento col prolungamento di via Ippolito Salviani.
Le altre residenze previste da Rossi erano individuate lungo via Martiri della Libertà, in sostituzione di alcuni vecchi fabbricati. Rossi aveva previsto due grandi blocchi identici alti quattro piani (a sinistra) e una casa a torre da 5 piani (sotto).
Di tutto ciò che Rossi ideò è stata realizzata solo una stecca di residenze lungo via Martiri della Libertà. L’edificio, dall’inconfondibile color verde acqua pare aver risolto egregiamente l’esigenza residenziale per cui è stato ideato. Se tuttavia analizziamo questa edificazione in senso filologico in relazione al disegno di Rossi notiamo che il progetto realizzato è totalmente diverso dall’originale. In realtà infatti non è stato seguito il progetto di Rossi, ma il Piano Regolatore Comunale approvato il 18 dicembre 2000 ha individuato un piano di recupero in quest’area, riconvertendo ad uso residenziale gli antichi fabbricati degli ex magazzini comunali (utilizzati nel corso degli anni anche come sede di una associazione di cacciatori) per una cubatura complessiva di circa 10.000mc. Il progetto è stato curato dall’ATER ed assegnato poi in gestione al Comune di Città di Castello.
La residenza è stata consegnata all’utenza nei primi mesi del 2008 ed è stata destinata (previa compilazione di una graduatoria) ad utenti anziani autosufficienti. Recentemente uno dei 12 alloggi è stato assegnato ad un disabile.
La residenza (comunemente chiamata “casa verde” dai tifernati) presenta interessanti innovazioni legate alla climatizzazione ed al risparmio energetico. Tale edificazione copre sostanzialmente lo spazio che avrebbe dovuto essere occupato sia dalla casa a torre che dalle altre due strutture.
3.4 L’area amministrativa
Abbiamo già visto come il terzo dei progetti di Rossi non sia stato nemmeno minimamente avviato. L’area ad esso destinata è tuttora occupata dalle strutture sempre più fatiscenti e cadenti del Consorzio Agrario. Possiamo tuttavia accontentarci di guardare i disegni del grande architetto ed immaginare quello che poteva (e magari…potrà) essere.
La nuova residenza comunale doveva affacciarsi su una piazzetta da cui sarebbe dovuto partire un viale alberato in direzione di Palazzo Vitelli alla Cannoniera. L’altro affaccio sarebbe stato sulla nuova stazione ferroviaria, anch’essa mai realizzata.
Tra Comune e Stazione Rossi aveva previsto una sorta di interporto con un gran numero di pensiline per il ricovero di autobus. Questa zona doveva insomma rappresentare il futuro snodo principale dei traffici in entrata alla città. Tale ruolo, sinora svolto in parte proprio dalla piazza di Palazzo Vitelli, avrebbe consentito il recupero allo spazio comunitario di quest’ultima liberandola dal traffico e/o trasformandola definitivamente (ratificando un uso ormai consolidato nella popolazione) in grande parcheggio a servizio del Centro Storico.
L’edificio doveva svilupparsi su una pianta a C, rigidamente simmetrica attorno a un corpo centrale tipicamente rossiano, un grande corpo con copertura a timpano al centro del quale faceva bella mostra di sé il grande orologio.
Questo stilema sarebbe stata certamente la “firma” più chiara dell’operato di Aldo Rossi. Il progetto per il nuovo Municipio tifernate ricorda molto l’intervento per l’area perugina di Fontivegge, ma con l’aggiunta di una copertura a botte, tributo alla precedente funzione industriale dell’area ed elemento di continuità con la vicina area commerciale.
Ancora una volta Rossi ripete l’uso delle quadrotte e sperimenta una tessitura vetrata sul medesimo tema della parte centrale della composizione.
3.5 Nota sul torrente Scatorbia
Nei primi anni ’90, al tempo della presentazione dei progetti al Comune di Città di Castello, era in discussione il piano per la bonifica degli affluenti del Tevere. Tra di essi anche il torrente Scatorbia era oggetto di analisi.
Rossi ipotizzò una deviazione del corso fluviale da sfruttare come elemento scenografico all’interno del parco urbano. Una buona parte del torrente, che attraversa il centro urbano tifernate, risulta tuttora tombato.
In alcuni tratti sono state realizzate strutture di cemento armato che coprono letteralmente il letto del torrente e sulle quali è stata riportata della terra per realizzare dei giardini pubblici. Nel febbraio 2007 uno di questi soffitti è improvvisamente crollato portando con se alcuni automezzi parcheggiati nelle immediate adiacenze e una fila di alberi. Da allora un’ordinanza del Sindaco ha vietato l’ingresso negli altri giardini realizzati sui soffitti della Scatorbia e il Comune ha investito circa 150.000 euro nella ricostruzione del soffitto crollato.
I lavori si stanno concludendo in queste settimane.
Conclusioni
Aldo Rossi è stato spesso accusato di essere un eccellente disegnatore, un geniale ideatore di soluzioni architettoniche, tuttavia i suoi cantieri risulterebbero spesso mal seguiti e ciò produrrebbe un risultato estetico delle opere rossiane largamente inferiore alle attese sollevate dagli elaborati grafici dell’architetto. Nel caso tifernate possiamo affermare che probabilmente non tutte le colpe debbano essere attribuite a Rossi bensì a ben individuabili compromessi –forse troppi– che hanno infine costretto il progetto iniziale a prendere strade completamente diverse. Certamente la mancata realizzazione del nuovo Municipio ha tolto all’intero intervento l’elemento più caratterizzante, impedendo un giudizio complessivo.
La direzione dei lavori fu tuttavia curata da collaboratori dello studio di Rossi, mentre l’unico collaboratore locale, l’ing. Marco Onofri di Città di Castello ha curato soprattutto i calcoli statici nella realizzazione dell’area commerciale.
Rimanendo nel piano del progetto cartaceo Rossi ha certamente sviluppato un tema ardito e difficile, riuscendo a individuare una nuova centralità urbana in stretto dialogo con quella storica. Questo sforzo, impensabile fino a pochi anni prima nell’epoca del Razionalismo, trova addirittura la ricerca di spazi come quello della piazza, ormai quasi perduti. Rossi cita inoltre con insistenza e gusto il tema della costruzione industriale e sceglie (sebbene poi non del tutto accontentato) materiali locali e dai colori tenui.
Quello che resta oggi dell’opera dell’architetto milanese certamente lascia l’amaro in bocca, sebbene a quanto pare il giudizio dell’utenza non sia dei peggiori. Alcuni alloggi residenziali tra quelli inseriti nel comparto commerciale sono stati recentemente messi sul mercato a prezzi sostanzialmente accessibili, il che fa comprendere come tale edilizia non venga ipervalorizzata economicamente come avvenuto, ad esempio, in varie realizzazioni INA-Casa ecc… In questo caso dunque residenze destinate ad utenze “popolari” conservano tuttora prezzi relativamente contenuti nel confronto del mercato immobiliare generale.
Quanto alla parte strettamente commerciale, oltre al supermercato Coop, trovano spazio una farmacia, negozi di abbigliamento ecc…
Recentemente un partito politico ha aperto in alcuni locali al primo piano la sua sede cittadina. Possiamo certamente dire che l’utenza commerciale può ritenersi soddisfatta degli esiti raggiunti, sebbene gli intenti iniziali circa la creazione di un luogo di incontro, oltre che di consumo, forse non sono stati pienamente soddisfatti.
Bibliografia
Aldo Rossi, L’architettura della città, Marsilio, Padova 1966
Aldo Rossi, Scritti scelti sull’architettura e la città 1956 – 1972, Clup, Milano 1975
Aldo Rossi, Progetti e Disegni 1962-1979, Rizzoli, Milano 1980
Aldo Rossi, Autobiografia Scientifica, Pratiche, Parma, 1990
Alberto Ferlenga, Aldo Rossi, architetture 1988-1992, Electa, Milano 1992, pagg. 224-229
G. Leoni, Costruire sul costruito, intervista a Aldo Rossi, “Area” n.32, mag/giu ‘97, pp. 44-47
http://it.wikipedia.org/wiki/Aldo_Rossi
http://www.vitruvio.ch/arc/masters/rossi.php
http://www.darc.beniculturali.it/ita/appuntamenti/mostre/aldo_rossi/index.htm