Sab. Feb 15th, 2025

Esistono due modalità principali per costruire delle coalizioni politiche. La stessa duplice modalità vale anche per le liste singole poiché anch’esse mettono insieme individui diversi tra loro. Quali sono dunque le motivazioni che tengono insieme individui e/o gruppi?

La prima strada è quella costruttiva: ci si mette insieme per realizzare progetti comuni. Questa strada porta a valorizzare coloro che più si impegnano sia nella elaborazione e – laddove vi siano responsabilità di governo – l’attuazione dei progetti. Affinché questa strada abbia successo è indispensabile che vi sia la massima coesione tra individui e gruppi che compongono la “squadra” e chi ha il ruolo di guida, sia esso candidato Sindaco, Presidente di Regione o capofila politico aspirante Presidente del Consiglio, deve essere una figura riconosciuta e sostenuta da tutti i componenti della squadra. Si tratta di una strada indubbiamente difficile da costruire, ma che può dare ottimi risultati laddove riesca a raggiungere – almeno in parte – la realizzazione dei progetti su cui è basata.

La seconda strada, molto più semplice, è quella opponente: ci si unisce per contrastare qualcun altro. Stop. Si tratta di individuare un nemico, un pericolo pubblico (più o meno reale) contro cui serrare le fila e preparare ogni forma possibile di difesa/attacco. La qualità e l’impegno della squadra nonché della sua guida passa in secondo piano, ma qualora venga a mancare e vi siano da gestire compiti di governo certe carenze diventano zavorre insostenibili. Si tratta della strada breve e semplice, ma alla lunga diventa, anche a livello comunicativo, una strada noiosa e inefficace.

Osserviamo dunque le coalizioni che si fronteggiano attualmente nel nostro Paese. Appare evidente, purtroppo, che venga privilegiata la seconda strada. Assistiamo, di conseguenza, a campagne elettorali concentrate su polemiche di basso livello e spesso di carattere personale, mescolate alle consuete manifestazioni di antifascismo in assenza di fascismo o di anticomunismo in assenza di comunismo.

Le due strade spesso si incrociano e portano alla costruzione di coalizioni fondate sia sulla condivisione di alcuni (pochi) temi che sull’individuazione di nemici comuni. Il caso del centrodestra italiano è emblematico e, almeno elettoralmente, vincente. I pochi temi comuni ai tre partiti costitutivi sono legati a una visione conservatrice di alcuni temi religiosi, alla difesa senza se e senza ma delle forze dell’ordine (ma non della magistratura che, al contrario, è nemica), al rispetto delle tradizioni, al rifiuto categorico di qualsiasi forma di innovazione. I nemici non si contano e sono sempre correlati alle presunte minacce alle tradizioni. Diventano dunque spauracchi clamorosi anche cose come la farina di grilli o la carne coltivata (messe in contrasto, come si fosse una qualche concorrenza, con la cara vecchia e rassicurante bistecca), Halloween, la schwa, le auto elettriche e ovviamente i diritti…ma solo quelli degli altri. Ultimamente è diventato uno spauracchio pure il pacifismo.

Passando a quello che dovrebbe essere lo schieramento avversario, cioè i pericolosissimi “comunisti”, si resta abbastanza delusi per non dire peggio. Valori condivisi? Al netto di una iniziativa di legge unitaria per il salario minimo il nulla. Nemici comuni? Beh, certo, i fascisti. E gli ignoranti. Che poi le due categorie tendano a sovrapporsi beh, è strutturale.

Il pacifismo, un tempo valore fondante della Sinistra, oggi raccoglie consensi da meno della metà del “Campo Largo”. I diritti dei lavoratori idem, il che spiega il fatto che nessun leader della Sinistra tradizionale si faccia più vedere in una fabbrica. Le politiche ambientali riscuotono qualche consenso in più, ma spesso sconfinano in un triste greenwashing. I diritti civili ok, ma stando attenti a non scontentare i cattolici oltranzisti. Insomma, una noia mortale.

Chissà come mai il popolo della Sinistra sempre più spesso si rifugia nel peggiore dei ripari possibili, cioè l’astensione? Va detto che l’elettorato di Sinistra tende ad avere esigenze diverse da quello di Destra: non si accontenta di avere un nemico comune (che poi, diciamolo, dopo decenni di appelli antifascisti usati talvolta a sproposito, spaventa sempre meno), ma vorrebbe anche una “narrazione”, degli obiettivi e dei valori.

Ecco dunque che l’ossessione del Campo Largo diventa il miglior regalo possibile alla Destra. Per due motivi. Il primo è che, per non scontentare nessuna delle mille anime del Campo, su nessun tema è possibile prendere posizioni nette. Il secondo è che, in conseguenza del primo, la Destra ha gioco facilissimo nell’evidenziare le divisioni (reali) dello schieramento avverso e metterne in risalto la scarsa affidabilità (anche in questo caso reale). In un momento in cui mezza Italia diserta ormai sistematicamente le urne lo schieramento che ha come principali leader Elly Schlein e Giuseppe Conte ha due strade tra cui scegliere: insistere sul Campo Largo oppure puntare con coraggio su una nuova piattaforma politica.

Se la scelta del PD appare chiara, sebbene stia portando a continue sconfitte elettorali (salvo quando la Destra decide di suicidarsi come in Sardegna), non resta che sperare che i continui appelli di Conte alla costruzione di un Campo non necessariamente largo, ma almeno coeso e Progressista possano iniziare a dare i loro frutti.

Un campo più ristretto come confini e numero di sigle dunque, ma che abbia finalmente una visione unitaria e chiara, possibilmente innovativa, su temi cruciali come Pace, Lavoro e Salari, Giustizia, Istruzione e Cultura, Sanità pubblica, Progresso Economico e Ambiente. Tornare a ragionare di temi reali e sentiti dalla popolazione, riprendendo in mano la leva del dibattito politico. Parlare dei salari dei lavoratori, sempre più sfruttati nel nostro Paese anziché dover seguire sempre dibattiti sterili su ciò che interessa la Destra tipo il terzo mandato dei presidenti di Regione o la depenalizzazione dei reati contro la Pubblica Amministrazione…sarebbe già un bel primo passo.

Si tratta di avere – so di essere ripetitivo visto che lo dico da anni – il Coraggio per cambiare. Perché il giochino del Campo Largo, diciamolo, è anche parecchio comodo. Per attuarlo basta rivolgersi a chi di Politica già si interessa, magari da anni. Il problema è che spesso gli interlocutori sono persone che da tempo hanno perso qualsiasi velleità di idealismo e spesso, anche per mere ragioni anagrafiche, faticano a capire il mondo che sta cambiando. E non comprendendo, per facilità, negano il cambiamento.

Ben altra sfida è andare a coinvolgere chi magari non è oggi direttamente coinvolto nella Politica, magari perché è molto giovane e si sente – difficile dargli torto – ignorato dai politici. Ci vuole molto più coraggio a percorrere la seconda strada e – altro pesante limite che può bloccare i leader, ma soprattutto i mille viceleader o aspiranti tali dello schieramento – occorre accettare il “rischio” di avere uno schieramento con dei dirigenti totalmente nuovi rispetto agli attuali.

Occorre dunque capire se questo schieramento vuole correre questi rischi pur di tornare a vincere e governare questo Paese. Oppure accontentarsi di continuare a fare il gioco facile, anche se perdente, del Campo Largo. In attesa che l’altro schieramento, che in genere tende ad avere durate ventennali, prima o poi si autoelimini.

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