Si chiude oggi, con tristezza e assordante silenzio, una storia lunga quasi due secoli. Nata nel 1827 a Sansepolcro, il pastificio Buitoni oggi cessa di esistere come marchio. Resta la fabbrica, ma da domani potrà produrre solo con altri marchi. Per 18 mesi Nestlé, ancora titolare dei diritti sul marchio, si impegna a non cederlo ad altri e dunque a non fare “concorrenza” a Newlat. Magrissima consolazione, per non dire beffa. Per almeno 18 mesi il marchio Buitoni infatti, di fatto, scomparirà del tutto e il dubbio maggiore resta quello di capire se lo rivedremo mai in futuro. Tristissimo epilogo che già si temeva nel 2006, quando per la prima volta la TMT di Mastrolia tentò per la prima volta l’acquisizione dello stabilimento.
Non possiamo che dire GRAZIE a Buitoni, una famiglia straordinaria che riuscì nel breve volgere di un secolo a fondare tre aziende meravigliose come il “nostro” pastificio (Giovanni Battista Buitoni, 1827), la Perugina (Francesco Buitoni e Luisa Spagnoli, 1907) e Luisa Spagnoli (1928).
Meglio non ricordare chi invece è venuto dopo, usando lo storico marchio solo come strumento finanziario per arrivare (senza neanche riuscirci) altrove. Olivetti e Buitoni sono purtroppo accomunate dallo stesso triste destino.
Finisce oggi una storia imprenditoriale e umana straordinaria, per tanti anni simbolo della nostra città. “Da qui in tutto il Mondo” fu per anni lo slogan dell’azienda e, in effetti, il marchio riuscì a conquistare mercati difficili ed estremamente competitivi in tutto il pianeta.
Ricorderemo per sempre il marchio Buitoni scritto in bianco sullo sfondo azzurro della maglia numero 10 di Diego Armando Maradona.
Ricorderemo l’epopea del CRAL aziendale, dell’asilo nido aziendale e di tante altre iniziative che resero il “nostro” pastificio un faro di innovazione sociale, oltre che imprenditoriale.
Ricorderemo per sempre il profumo dei Nipiol appena sfornati.
Ricorderemo per sempre i manifesti pubblicitari, alcuni dei quali disegnati dall’indimenticabile Irma Vandi.
Quello di oggi è un triste commiato che arriva dopo quindici anni di lunga attesa, con alcuni momenti di – ahinoi – illusoria speranza.
Se ne va un simbolo importante per la nostra città.
Avremo storie bellissime da raccontare a figli e nipoti, ma resterà comunque sempre un grande velo di amarezza per quello che abbiamo perduto.