Nei piani regolatori e strutturali, finalmente, iniziano ad essere sempre più spesso incentivati gli interventi di “ristrutturazione urbanistica”. Tra questi interventi spiccano quelli di demolizione e ricostruzione, ovvero la possibilità di abbattere edifici fatiscenti e/o di valore architettonico nullo e sostituirli con edifici nuovi, diversi, funzionali e sostenibili, magari ri-disegnando anche notevolmente le aree in cui sono inseriti.
Nella politica, pur contro il volere o –se preferite il genere– all’insaputa dei partiti, sta avvenendo qualcosa di simile. Sempre più italiani hanno voglia di ristrutturare la politica, ristrutturare gli schieramenti, ristrutturare le idee.
La prima fase dei “lavori” è necessariamente quella di demolizione. Le spinte a demolire l’attuale composizione del quadro politico sono molteplici e variegate. Si va dai “rottamatori” alla Renzi ai “formattatori” del PdL, dai Barbari sognanti al Popolo Viola, dai web-rivoluzionari del Partito Pirata fino al MoVimento 5 Stelle.
La seconda fase è quella della ricostruzione. Occorre ricostruire, ma, sia chiaro, su basi nuove. Altrimenti non serve a nulla.
Affinché la fase uno e la fase due abbiano successo occorre una “fase zero”, quella della programmazione, della strategia. Distruggere senza avere un’idea di come ricostruire è da matti!
La sfida dei prossimi mesi sarà dunque soprattutto questa. Occorre capire quale Italia e quale Europa vogliamo, come riscrivere le regole della politica, dell’economia, del lavoro.
La domanda da porsi allora è, premesso che l’attuale sistema politico-economico va comunque demolito, se chi vuole distruggere abbia già un’idea di come ricostruire. Il più delle volte a me pare ci sia tanta voglia di cancellare le facce dei politici attuali semplicemente per sostituirle con la propria. La rottamazione alla Renzi, in particolar modo, mi pare del tutto priva di una autentica spinta innovatrice.
Sono più che d’accordo nel dire che vadano lasciate a casa cariatidi come D’Alema, Fassino, Veltroni e Bindi, tuttavia se poi al posto loro ci ritroviamo gente più giovane, ma con le stesse idee (spesso piuttosto confuse per giunta) abbiamo solo una rivoluzione a metà.
Il giovanissimo Renzi che sostiene l’acqua privata, loda gli inceneritori, se ne frega dell’articolo 18 e fa l’anticasta dopo essere stato presidente di una Provincia può essere anche più giovane di D’Alema, anagraficamente, ma niente altro.
Occorre dunque un progetto chiaro, definito non a priori, ma frutto della condivisione, come scrivevo qualche giorno fa. Solo così si può abbattere davvero la partitocrazia e passare a una autentica democrazia diretta.