Sab. Dic 7th, 2024

Le settimane di “trattative” dopo le elezioni nazionali mi portano alla mente questa splendida canzone di Pierangelo Bertoli. La politica viene spesso descritta come l’arte del compromesso, una definizione che – in tutta sincerità – ho sempre detestato. Non tanto per il concetto, che potrebbe essere anche condivisibile, quanto per le sue applicazioni e soprattutto le molteplici degenerazioni.
In queste settimane in particolare leggo delle critiche, per me incomprensibili, rispetto al NO chiaro e netto sempre affermato dal Movimento 5 Stelle rispetto a ogni possibile accordo con Forza Italia e, nello specifico, con Berlusconi. Leggo critiche al Movimento perché questo NO dimostrerebbe la mancanza di volontà di dialogo.

Lo dico nella più piena libertà di pensiero e senza preconcetti visto che di sicuro non posso essere etichettato (e francamente, oggi, un po’ mi dispiace) come un antiberlusconiano della prima ora. Conosco e stimo tantissimo molti antiberlusconiani della prima ora e li ammiro per aver compreso, prima di me, la necessità di combattere non tanto e solo la persona di Arcore quanto il sistema di pensiero degradato che ne è stato per decenni l’ambiente naturale di proliferazione. Quando ho iniziato a votare, nel 1999, votavo a destra. Una volta (elezioni europee del 2004) ho votato proprio Forza Italia, premiando con la mia preferenza l’allora sindaco di Lucca Pietro Fazzi che, secondo me, aveva ben amministrato la sua città. Dal 1999 ad oggi ho votato veramente di tutto, da Rifondazione (comunali 1999 con voto disgiunto alla candidata sindaco civica) ad Alleanza Nazionale (più volte) fino all’adesione breve ma intensa all’IdV (2009) e, dal 2011 in poi, al Movimento.

Gli unici partiti che non ho mai votato – e me ne vanto – sono PD e Lega, paradossalmente proprio quelli con cui il M5S è costretto dai numeri a dover tentare delle trattative per costituire un governo.

Negli anni, anche facendo attivismo politico a livello locale quotidianamente, ho compreso che le opinioni possono anche cambiare attraverso il confronto costruttivo con gli altri. Non è compromesso, ma dialogo: è tutta un’altra cosa. Esistono però dei principi sui quali non si può transigere, principi sui quali si fonda la propria vita prima ancora che il proprio “credo” politico. Quando tra i propri principi ci sono il rispetto della legge e la lotta ad ogni forma di criminalità dire NO al rapporto con chi è sceso a compromessi con organizzazioni criminali non è criticabile, ma anzi è doveroso.

Quello che il buon comunicatore Salvini si ostina a non voler capire è che non stiamo “litigando” con Berlusconi, stiamo semplicemente riaffermando la nostra totale e inevitabile incompatibilità. Se Salvini considera bazzecole la sentenza sulla Trattativa Stato-Mafia e tutte le altre inchieste che legano il nome di Berlusconi e la stessa fondazione di Forza Italia a Cosa Nostra il problema è tutto del ruspista felpato, per noi sono elementi insuperabili di contrapposizione e su questo sarà sempre impossibile cambiare idea. La politica è fatta di dialogo con chi può costruire qualcosa di buono insieme a te, anche se ha idee diversissime dalle tue, ma è giusto che sia fatta anche di NO detti a muso duro con chi non merita nessuna considerazione politica né umana.

Esattamente 14 anni fa oggi, il 24 aprile 2004, andai a parlare con un anziano professore nel suo ufficio all’Archivio Vescovile di Sansepolcro. Si chiamava Franco Polcri e si era candidato a sindaco della mia città. Esaminammo insieme una lettera in cui gli esposi una serie di proposte per il suo programma. Rileggendole oggi probabilmente cancellerei un buon 80% di quelle proposte, ma ai tempi ritenevo che fossero le migliori del mondo. Ognuno è innamorato delle sue idee e sarebbe terribile se così non fosse. Il dialogo e l’esperienza porta poi a capire che magari alcune cose si possono fare anche meglio o che alcune cose ritenute giustissime in realtà sono state mal interpretate. Finché si può ragionare su cosa è giusto e su cosa è meglio/peggio la politica è bellissima; nel momento in cui si inizia a pensare che una cosa, indipendentemente dalla sua bontà o meno, può “convenire”…ecco, quello è il momento di smettere immediatamente di fare politica. Fortunatamente non è necessario che quel brutto giorno debba arrivare.

In questi anni ho avuto l’opportunità ed il piacere, prima nella lista civica in cui ho militato dal 2004 al 2011, ora nel Movimento, di portare avanti battaglie importanti nella mia città e di ognuna – vinta o persa – ho il ricordo di chi ha combattuto insieme a me. Non c’è gioia, per quello che ho potuto vedere in questi anni, in chi palesemente fa politica per fare “carriera”. Ho visto tanti, giovani e meno giovani, cercare di “scalare” gerarchie facendo terra bruciata intorno, tradendo amici e compagni di partito pur di arrivare chissà dove. Fortunatamente nessuno di loro è arrivato poi da nessuna parte (avrebbero fatto danni incalcolabili). Purtroppo ne vedo anche oggi e spero, per il bene di tutti, che facciano la stessa fine. Fortunatamente nessuno di loro fa parte del Movimento, nel caso accadesse – a muso duro – verrebbero buttati fuori.

Un’ultima riflessione, in libertà e anche questa a muso duro. Ammetto di non aver mai saputo concepire il senso di una coalizione politica. Nel 2004, quando ho iniziato la mia esperienza diretta nella lista civica, la lista era coalizzata con i partiti di centrodestra. Era una coalizione che , tuttavia, non aveva inizialmente forti motivi di attrito. Nessuno, soprattutto nel centrodestra, credeva nella vittoria di Polcri. Il Professore invece sfiorò un successo clamoroso perdendo per soli 48 voti (diventati 22 dopo il riconteggio). Polcri perse contro Ugolini che governò per soli 18 mesi cadendo poi su una mozione di sfiducia. Nel 2006 quindi Polcri si ripresentò e vinse. A quel punto il “senso” della coalizione fu chiaro. O meglio, fu chiaro quasi subito che attuare quel programma su cui tanto avevamo lavorato, ma del quale ai nostri “alleati” non fregava nulla sarebbe stato impossibile. Ricordo ancora l’infinita ritualità di inutili riunioni di maggioranza in cui alla fine emergevano solo quelle grandi differenze che, fin che eravamo all’opposizione, ovviamente erano ben sopite (anche perché all’opposizione ogni gruppo stava per conto suo). Fu in quegli anni che cominciai a nutrire grossi dubbi sulla effettiva utilità/funzionalità delle coalizioni.
In seguito il mio giudizio è ulteriormente peggiorato. Le elezioni comunali del 2011 sono state per me estremamente rivelatrici. Un comune di circa 16.000 abitanti aveva 5 candidati sindaci supportati da 14 liste. Molte di queste liste erano, ovviamente, di pura facciata. Riuscendo a trovare 16 candidati nel posto in un comune di 16.000 abitanti (10.000 elettori scarsi) si arriva automaticamente al 2% col solo voto dei parenti. Alla fine dei giochi magari a fare la differenza è proprio una o due liste di questo tipo. E’ politica questa? Questo sistema di moltiplicare liste e candidati negli ultimi anni ha avuto un boom clamoroso e francamente imbarazzante.

L’assurdo, tornando all’attualità, credo sia rappresentato dalle recenti elezioni in Molise in cui una lista ha ottenuto il 31,5% e il proprio candidato presidente addirittura il 38,5%. Questa lista ha perso tuttavia contro una coalizione di 9 (nove!) liste tra cui nessuna ha superato nemmeno il 10%. E’ politica questa?

Sono abituato a pensare che ogni partito o movimento dovrebbe rappresentare una propria visione dell’Italia, della regione o del comune in cui si presenta. Se due persone hanno una idea diversa rispetto a questioni fondamentali è giusto che votino due partiti distinti. Se la pensi in maniera tutto sommato simile credo invece che sia giusto confluire in un unico soggetto politico. Ora mi domando: se in Molise, la regione a statuto ordinario più piccola d’Italia, esistono 9 partiti con 9 visioni distinte del futuro della regione come possono ragionevolmente governare insieme? Se non hanno 9 visioni distinte che senso hanno di esistere? E’ evidente che quello delle coalizioni sia solo un gioco perverso per accaparrare voti e nulla più. Una legge elettorale seria dovrebbe dunque vietare le coalizioni, sia a livello locale che nazionale.

Chi ha più credibilità (e non chi ha più parenti) vince.

Nelle elezioni nazionali il tanto bistrattato proporzionale (senza coalizioni) avrebbe già da tempo dato un governo al paese. Senza i legami-ricatti di una coalizione cosa avrebbe dovuto inventarsi Salvini per sottrarsi ad un governo col M5S?
Una delle principali sfide della politica odierna è dunque, secondo me, recuperare il coraggio delle proprie scelte. Dopo gli anni del buonismo e del “politicamente corretto” è ora di tornare a parlare a muso duro, a cuore sincero.

 

A Muso Duro (F. Urzino – P. Bertoli)

E adesso che farò, non so che dire
e ho freddo come quando stavo solo
ho sempre scritto i versi con la penna
non ordini precisi di lavoro.
Ho sempre odiato i porci ed i ruffiani
e quelli che rubavano un salario
i falsi che si fanno una carriera
con certe prestazioni fuori orario
Canterò le mie canzoni per la strada
ed affronterò la vita a muso duro
un guerriero senza patria e senza spada
con un piede nel passato
e lo sguardo dritto e aperto nel futuro.
Ho speso quattro secoli di vita
e ho fatto mille viaggi nei deserti
perché volevo dire ciò che penso
volevo andare avanti ad occhi aperti
adesso dovrei fare le canzoni
con i dosaggi esatti degli esperti
magari poi vestirmi come un fesso
per fare il deficiente nei concerti.
Canterò le mie canzoni per la strada
ed affronterò la vita a muso duro
un guerriero senza patria e senza spada
con un piede nel passato
e lo sguardo dritto e aperto nel futuro.
Non so se sono stato mai poeta
e non mi importa niente di saperlo
riempirò i bicchieri del mio vino
non so com’è però vi invito a berlo
e le masturbazioni celebrali
le lascio a chi è maturo al punto giusto
le mie canzoni voglio raccontarle
a chi sa masturbarsi per il gusto.
Canterò le mie canzoni per la strada
ed affronterò la vita a muso duro
un guerriero senza patria e senza spada
con un piede nel passato
e lo sguardo dritto e aperto nel futuro.
E non so se avrò gli amici a farmi il coro
o se avrò soltanto volti sconosciuti
canterò le mie canzoni a tutti loro
e alla fine della strada
potrò dire che i miei giorni li ho vissuti.

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