Nelle settimane scorse si è fatto un gran parlare della decisione di eliminare l’automatica attribuzione del cognome paterno ai figli e di lasciare invece ai genitori libertà di scelta su quello – o quelli – da attribuire. Esistono casi in cui i cognomi dei genitori sono particolarmente “pesanti” e sarebbe in un certo senso necessario e giusto che l’erede dimostrasse di meritarne l’uso…peccato non sia possibile.
C’è un soggetto, ad esempio, figlio di un importante esponente politico purtroppo defunto nel 2016, che popola con grande assiduità le pagine dei giornali e alcune rubriche nel web, citando sempre il padre in premessa all’esposizione delle proprie idee, lasciando chiaramente intendere che egli ne sia ideale prosecutore. Ho un giudizio personalissimo sul fatto, liberissimi ovviamente di non pensarla come me, ma questo anteporre sempre il ricordo del padre morto per ogni tipo di argomentazione (spesso attacchi politici ad altri soggetti politici), credo sia una dimostrazione di enorme debolezza e francamente ogni volta mi rattrista molto.
Il soggetto in causa, il figlio intendo, ancora ieri ha rimarcato per l’ennesima volta come a suo giudizio il soggetto politico di cui il padre è stato cofondatore oggi sia profondamente cambiato e abbia abbandonato (lui dice “tradito”) le istanze delle origini.
Per chi non l’avesse ancora capito sto parlando di Gianroberto Casaleggio, del figlio Davide e il soggetto politico in causa è il Movimento 5 Stelle.
Cosa era il Movimento delle origini? In tanti ne parlano, tanti affermano di sentirsene prosecutori e molti di loro ingiuriano il Movimento attuale ritenendolo profondamente trasformato. Pochi tra loro in realtà hanno veramente vissuto e frequentato quei primi anni di attivismo. Il Movimento, nato ufficialmente nel 2009, prendeva avvio dall’esperienza del Blog di Beppe Grillo, aperto con la consulenza di Gianroberto Casaleggio nel 2005. I meetup, gruppi di attivisti nati online in quello stesso periodo, iniziarono a elaborare le basi programmatiche e ideali del nascente soggetto politico.
Nel 2008 sono stato uno dei cofondatori del Meetup dell’Altotevere, i “Grilli Tiberini”, con sede a Città di Castello. In quel periodo frequentavo anche alcune iniziative degli affollati Meetup di Arezzo e Perugia. Erano esperienze bellissime che ricordo con grande emozione. C’era grande passione, tanta voglia di fare, entusiasmo. C’era tanta rabbia sociale che veniva tuttavia incanalata in un soggetto che – non era chiarissimo in origine, ma lo fu ben presto già dall’organizzazione del primo V Day l’8 settembre 2007 – si proponeva di partecipare attivamente alla vita politica eleggendo propri esponenti (detti “portavoce”) nel Parlamento nazionale e nelle istituzioni locali.
C’era poi l’utopia-distopia, a seconda dei punti di vista s’intende, dell’uso strutturale del web per veicolare informazioni e iniziative politiche. In quel primo Movimento si riunivano, senza una organizzazione né gerarchica né funzionale, tante persone animate da molteplici istanze tutte rigorosamente ignorate dai partiti.
Qualunque gruppo non bene organizzato, inevitabilmente, prima o poi rischia di diventare ingestibile. Un gruppo senza una struttura, senza guide né ruoli chiari e definiti, ma addirittura fondato sul dogma “uno vale uno” diventa facilmente ingestibile. Dove nessuno comanda, tutti pretendono di comandare. Ognuno crede di essere in diritto di esprimere il proprio parere (come è giusto che sia), ma spesso pretende che quel suo parere debba essere a priori condiviso da tutti gli altri (il che, oltre che essere assurdo, non capita quasi mai).
I meetup, preda di questa sostanziale anarchia, sono diventati dei veri e propri campi di battaglia in cui i più ambiziosi hanno iniziato a pretendere di farsi capi-non-dichiarati, scontrandosi inevitabilmente con altri che avevano analoghe ambizioni oltre che con quelli che, genuinamente, credevano davvero nella possibilità di creare gruppi politici “senza capi”.
Il colpo di grazia è arrivato proprio con la scomparsa prematura di Gianroberto Casaleggio e con la pubblicazione, il giorno stesso della sua morte, di Rousseau. L’utopia-distopia a quel punto ha preso definitivamente il sopravvento e il voto online è diventato l’unico strumento di partecipazione politica interna riconosciuto. Con la successiva elezione, nel 2017, di Luigi Di Maio come nuovo Capo Politico in sostituzione di Beppe Grillo, venivano accentrate su di lui tutte le potestà decisionali: c’era dunque un “primus” con pieni poteri e tanti “pares” con l’unico potere di ratificare decisioni su Rousseau.
Nonostante questa totale disorganizzazione, che aveva l’effetto (sono malizioso se ipotizzo fosse anche un obiettivo?) di accentrare tutte le leve del potere nel Capo Politico e nel gestore di Rousseau, il Movimento 5 Stelle ha comunque vinto le elezioni politiche del 2018. Lo ha fatto raccattando letteralmente di tutto, dando voce a qualsiasi istanza di protesta popolare e qualunque legittima speranza di cambiamento da parte di milioni di elettori che avevano già votato chiunque altro e in quella occasione decidevano di dare una possibilità anche a questa Armata Brancaleone guidata dal giovanissimo Di Maio.
Come ho avuto spesso modo di dire anche negli incontri interni del Movimento quel 33% ottenuto alle elezioni era un dato profondamente “drogato” e probabilmente solo una metà di quelli che ci hanno votato lo hanno fatto con una certa convinzione. Allo stesso tempo in quelle elezioni abbiamo dimostrato ancora una volta la totale inadeguatezza del “metodo Rousseau” nella selezione dei candidati. La scelta dei parlamentari, soprattutto in elezioni nelle quali si sa di poter ottenere un grosso risultato, doveva essere un passaggio cruciale e ben ragionato; fu affidato invece alla fugace lettura dei curricula di un mare di auto-candidati tra cui alcuni VIP (Paragone, De Falco ecc…) in cerca di nuova visibilità mediatica.
Il Movimento, privo di struttura, con tutto il potere concentrato su due persone (una delle quali dopo le elezioni assunse anche i ruoli di vicepremier, ministro del Lavoro e ministro dello Sviluppo Economico) non poteva far altro che esplodere.
Dopo alterne vicende il Movimento oggi è guidato, lasciatemi dire FINALMENTE, da Giuseppe Conte e la riorganizzazione – o meglio, la creazione ex novo di una struttura organizzativa – è diventata una delle priorità. Sarà un percorso ancora lungo e difficile, ma finalmente è iniziato.
Davide dice che il “Movimento delle origini” non esiste più? Ha assolutamente ragione. Aggiungerei solo un piccola precisazione: GRAZIE A DIO non esiste più!
Il Movimento Contiano, fondato sui principi della “Carta dei Valori” incastonata nel nuovo Statuto, mantiene ancora in vita i principi ispiratori del Movimento originario, i suoi temi identitari (il pacifismo, ad esempio), ma finalmente decide di dotarsi di strutture organizzative degne di un partito in cui siano chiaramente definite funzioni e responsabilità.
Nello Statuto originario, il leggendario non-Statuto, si poteva leggere all’articolo 4: Il MoVimento 5 Stelle non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro. Esso vuole essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo ed indirizzo normalmente attribuito a pochi.
Ecco, quel modello ha dimostrato di essere una utopia-distopia non realizzabile. L’organizzazione, tramite la necessaria mediazione di organismi direttivi o rappresentativi ci porta inevitabilmente ad essere un Partito e dunque a non rispettare la promessa iniziale secondo cui non si intendeva che lo si diventasse in futuro? Credo proprio di sì.
E allora voglio dare ragione, una sola volta, a colui che porta lo stesso cognome di Gianroberto: quello che sta nascendo non è giusto che continui a chiamarsi Movimento 5 Stelle. E’ giusto che quel nome e quel simbolo vengano messi in letargo. E’ giunto il momento che il “nuovo corso” di Conte recida il cordone ombelicale con quel soggetto utopistico ed entusiasmante, ma anche endemicamente caotico e rissoso che è stato finora il Movimento.
Tra poche settimane si terranno alcune elezioni amministrative nelle quali il Movimento praticamente non si presenterà vista la grande difficoltà di reperire candidature. Il travaglio interno di questi anni ha ucciso gli ultimi meetup sopravvissuti, ormai popolati solo da due categorie di attivisti: 1) quelli che hanno sempre creduto nel progetto pur non negando le gravi incongruenze di molte scelte e che comunque sono stanchissimi; 2) gli ultrà.
Abbiamo perso tantissima gente valida lungo il percorso, esasperata dalla rissosità e dall’inconcludenza di gruppi locali comunque mai riconosciuti (contava solo Rousseau). Più di una volta ho sentito attivisti, anche validi, affermare di preferire dedicarsi ad altro o impegnarsi nell’associazionismo anziché sbattersi nel Movimento. Comprensibile.
Tanti altri vorrebbero anche impegnarsi in un soggetto politico a guida contiana, ma provano comprensibile disagio di fronte a uscite estemporanee e discutibili di molti dei parlamentari attuali nonché rispetto a quelle decisamente più “pesanti” dell’ex leader Di Maio.
Ecco, dopo le Amministrative e magari in corrispondenza di un gesto forte (tipo l’uscita dal Governo…) non sarebbe male se finalmente avvenisse il definitivo passaggio a un nuovo soggetto politico, con un nuovo nome e un nuovo simbolo e soprattutto con una organizzazione territoriale efficiente.
E’ il momento di superare certe pesanti eredità…e non parlo (solo) di cognomi.