Province: la soluzione Olivetti

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In queste ore si è tornato a parlare di Province, con la Lega che propone di tornare a prima della legge Delrio e il M5S che propone la loro vera abolizione oltre al riordino delle competenze.
Le vecchie province non hanno mai funzionato e dunque non si capisce davvero la nostalgia leghista. Molti rilanciano dicendo che, anziché le province, sarebbe opportuno abolire le regioni. Il tema è complesso ed ognuno ha una sua idea. Sarebbe un tema su cui avviare un dibattito serio e non uno dei tanti argomenti su cui fare sparate da buttare nel mucchio di una campagna elettorale.

Due anni fa ho iniziato uno studio molto approfondito sulla riorganizzazione dei livelli istituzionali (quindi anche di quelli provinciali) italiani. Che vi siano delle problematiche enormi di efficienza è evidente ad ogni livello, dai comuni alle città metropolitane fino alle regioni ed allo Stato.
Nel mio studio ho conosciuto alcuni testi davvero illuminati di Adriano Olivetti, in particolare “L’ordine politico delle Comunità”, un testo scritto nel 1945 ma che sembra per molti aspetti descrivere l’Italia di oggi. Vi consiglio caldamente la lettura di questo testo.

Olivetti teorizzava la costituzione di entità locali dotate di forte autonomia, le “Comunità”, che dovevano nascere come aggregazioni di comuni. Tali Comunità (entità demograficamente stimabili in circa 100.000 abitanti) avrebbero sostanzialmente raggruppato in un’unica realtà ciò che poi nell’Italia repubblicana è stato ripartito tra vari enti (comuni, comunità montane, unioni di comuni, province, consorzi di bonifica ecc…).

Il nostro territorio, per fare un esempio, potrebbe essere costituito come “Comunità dell’Altotevere”, raggruppando i comuni dell’intera Valtiberina, sia sul fronte umbro che su quello toscano.

“La Comunità – scriveva Olivetti – sarà un valido, nuovo strumento di autogoverno, essa nascerà come consorzio di comuni. E le Comunità, federate, daranno luogo, esse sole, alle Regioni e allo Stato”.
Nel mio studio ho cercato di contestualizzare il pensiero di Adriano Olivetti con l’attualità, nonché con le evoluzioni normative nazionali sopravvenute dal 1945 ad oggi. 

Non ho dubbi sul fatto che la legge Delrio abbia costituito il punto di non ritorno. E’ mancato, in quella occasione, il coraggio di abolire davvero un livello amministrativo, ma è mancato soprattutto un serio progetto di ridistribuzione delle competenze. In definitiva è stato abolito solo il voto popolare per le elezioni provinciali… Quella legge assurda ha tuttavia svelato la grandezza di un problema che nel 1945, quando ancora la gran parte delle persone aveva ben altro a cui pensare, Olivetti aveva già previsto e per il quale aveva ipotizzato già una soluzione.
Tornare semplicemente a prima della legge Delrio significa tornare ad un sistema che sicuramente non funzionava e che oggi funzionerebbe ancora peggio. Occorre avere il coraggio di andare avanti, aprendo un dibattito serio e – magari – riprendendo in considerazione i pensieri di un grande italiano, “l’unico genio rinascimentale del XX secolo”: Adriano Olivetti.

PS: a breve, se vorrete, potrete leggere lo studio di cui vi parlo. Il titolo è “L’Italia delle Comunità”.

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